Museo Archives Giovanni Boldini Macchiaioli

Museo Archives Giovanni Boldini Macchiaioli

Al Petit Palais, la retrospettiva dedicata al celebre ritrattista della Belle Epoque svela alcuni aspetti meno noti del suo lavoro a cavallo fra i due secoli: torna dopo una sessantina d’anni Boldini a Parigi, con “Giovanni Boldini, les plaisirs et les jours”  dal 29 marzo al 24 luglio e torna con il suo mondo folgorante di grazia ed eleganza.

Quella del Petit Palais è una scenografia suggestiva e immersiva accompagna un percorso ricco di 150 opere che uniscono dipinti, disegni, incisioni, costumi e accessori moda in prestito da musei internazionali e numerose collezioni private. Attraverso l’opera di Boldini, la mostra invita i visitatori a rivivere i piaceri della Belle Époque e l’effervescenza di una capitale all’avanguardia della modernità.

Con un sottotitolo mutuato da Marcel Proust, la mostra fa implicitamente riferimento a quella dedicata allo scrittore Carnavalet  di qualche tempo fa: la stessa società parigina, aristocratica e borghese, che entrambi osservavano nello stesso periodo ma con due punti di vista concordi e al contempo sensibilmente contrastanti: quello del pittore e quello dello scrittore. I curatori non esitano a tracciare molti parallelismi – sottolineati dalla presenza del ritratto di Montesquiou – tra Boldini e l’autore de La Recherche.

Centocinquanta dipinti, disegni e incisioni, ma anche costumi e accessori, compongono un percorso tematico oltre che cronologico. Dagli esordi del pittore – originario di Ferrara – a Firenze nel 1864, fino ai grandi ritratti degli anni ’10, con nove sezioni che scandiscono così l’esposizione. Un taglio che ci permette di seguire passo dopo passo la lunga carriera dell’artista, prima vicino ai Macchiaioli prima di allontanarsi per stabilirsi in pianta stabile nella più moderna capitale d’Europa, il cuore pulsante dell’alta società e dell’arte della Fin du Siecle.

L’allestimento al Petit Palais si proponedi evidenziare una relativa diversità in una produzione solo in apparenza ripetitiva e “à la mode”. Eccovi allora servite più chiavi di lettura della produzione boliviana: “il ritmo della città”, “il laboratorio dell’artista”, “una corte artistica e letteraria”, prova a distinguere diversi aspetti del suo lavoro. Una stanza è addirittura originalmente riservata al fumettista Sem, un pretesto per evocare la loro comune amicizia con Paul-César Helleu.

Una mostra che ci racconta anche del Boldini avanguardista celato dietro i suoi ritratti alla moda: la sua ossessione per il movimento, questa frenesia nel tentativo di restaurarlo, richiama innegabilmente alla mente coloro che nel 1909 ne avrebbero fatto il loro manifesto: i futuristi.

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